Chi si impegna per produrre performance umane deve assumere un preciso abito mentale. È l’assetto del guerriero, del samurai, del combattente, del ricercatore concentrato che crede in una causa. È l’atteggiamento focalizzato di chi desidera ottenere qualcosa che reputa importante e – durante l’esecuzione – non si lascia distrarre da altro. Di chi ha un valore e lotta per esso. Di chi fa della causa una parte di sé. Non riguarda solo enormi imprese, ma anche e soprattutto la vita di ogni giorno.
È eccezionale notare come anche oggi questo abito mentale sia dotato di enorme suggestività per chi intende sviluppare il proprio potenziale. È la passione di chi si impegna per una causa, fatica, fa rinunce ma non le rimpiange, e si sacrifica per qualcosa di cui forse non vedrà nemmeno i frutti. Ma non tutto è solo sacrificio. Le performance sono anche gioia, celebrazione, divertimento, piacere, il gusto di fare qualcosa di importante, essere parte di qualcosa, di lasciare un segno, di compiere imprese assieme a qualcuno. O la voglia di essere ciò che possiamo essere.
La vittoria è una conquista personale e non un diritto da pretendere, e prima si deve cercare un approccio mentale e strategico valido, e solo dopo vengono i dettagli operativi. Una lezione che nel terzo millennio moltissimi sportivi devono ancora imparare.
Quando si dedicano assiduamente tutte le proprie energie e si cerca con costanza la verità è possibile battere chiunque e ovviamente raggiungere la supremazia, sia perché si ha il pieno controllo del proprio corpo grazie all’esercizio fisico, e sia perché si è padroni della mente, per merito della disciplina spirituale. Chi ha raggiunto questo livello di preparazione non può essere sconfitto.
Dobbiamo oggi riflettere sul significato profondo che queste parole assumono: dedizione, ricerca della verità, pulizia spirituale, sono il vero messaggio di fondo. La ricerca della supremazia e della vittoria appartengono ad una realtà dell’antico passato, vengono dall’essere nati in un certo momento storico dove questo significava vivere o morire. Se, in una mattina del 1600, qualcuno si fosse presentato a noi con una spada per ucciderci, sarebbero state drammaticamente importanti anche per noi. Oggi i nemici veri non portano spade ma, là fuori, si aggirano minacciosi.
Si chiamano miseria, ignoranza, ipocrisia, prepotenza, arroganza, dolore esistenziale, fame, violenza, bambini che soffrono, corruzione, sistemi clientelari e soprattutto – fonte di ogni male – l’incomunicabilità. I nemici possono essere anche dentro di noi: presunzione, chiusura mentale, perdita dei valori, chiusura della propria prospettiva temporale in orizzonti sempre più brevi e limitati.
Contro questi nemici gli insegnamenti del passato, e lo spirito guerriero che li anima, hanno ancora enorme senso e validità. Respirare ogni giorno a pieni polmoni uno spirito guerriero per fini positivi è un abito mentale. Alzarsi con questo spirito, andare a dormire con questo spirito, risvegliare gli archetipi guerrieri e direzionarli per costruire, è una sfida nuova, entusiasmante, che fa onore al dono di esistere.